Qualche giorno fa ho ripreso in mano, e riletto ovviamente, questo libro dalla copertina minimalista con un albero stilizzato e un uomo, altrettanto stilizzato, ma robusto, su uno sfondo completamente bianco. L'opera in questione si intitola, come riportato dal titolo di questo "post", IL LAMENTO DEL BRADIPO, scritto da Sam Savage (qualcuno ha letto firmino il topo di biblioteca?).
Ammetto di aver riletto questo libro per cercare esattamente, e forse solo, questa lettera scritta da Andrew Whittaker in risposta alla sua banca, la quale intimorita dalla condizione finanziaria della Whittaker s.r.l.,scrive per avere notize sulla "vitalità" dell'impresa.
Sarà il momento particolarmente difficile per me e la mia "impresa" (la mia vita), ma trovo questo passaggio del libro, che vi consiglio comunque in toto, geniale e drammatico e ironico e tenero allo stesso tempo.
Mi piace rispecchiarmi nei personaggi che immagino nei libri e noto una certa tendenza, e invidia, verso i più "sfigati" (non disdegno nemmeno i disperati,i vagabondi,gli alcolizzati,gli alienati o i poveri sporcaccioni, per citare solo alcuni modelli di miti che non vorrei trascurare). Forse solo loro hanno la capacità di vedere e raccontare la vita, quella vera, presa a pugni in faccia.
Ma sto divagando verso lidi (a proposito, sono a Venezia) troppo lontani da raggiungere in un unico "post" (e tra l'altro a nessuno fregherebbe un accidenti delle miei astruse visioni sul senso, o il non senso, della vita e della nostra società).
Ve la riporto cosi come l'ho letta e trascritta in questa parodia della realtà che giovani quarantenni imprenditori di sediciesima generazione chiamano "Meeting dei giovani imprenditori di Confcommercio"
Per voi.
Egregio Signor Freewinder,
lei non mi deve alcuna scusa. Capisco perfettamente che in primo luogo lei abbia un impegno nei confronti della American Midlands, ed è giusto che sia cosi: sono convinto che davvero non esista una banca migliore, considerate le dimensioni. E questo è tanto più vero da quando avete introdotto il nuovo logo. Penso che aver utilizzato i mattoni sia stata un'idea grandiosa. I mattoni, sopratutto se impilati in tante file spesse come in questo caso, comunicano un' impressione di solidità che chi vi ha affidato i suoi risparmi troverà davvero rassicurante. No riesco ad immaginare come un simbolo di legno – penso a quella sciocchezza della First National Bank – possa risultare altrettanto affidabile. Mi domando se la storia dei tre porcellini abbia influito sulla scelta dei mattoni. Se la mia ipotesi è corretta, quando avrà letto quello che ho da dirle penserà probabilmente che io sono come lo stupido porcellino che ha costruito una casa di paglia. Qualora le cose stessero effettivamente cosi – e questo sarà lei a doverlo decidere – allora la Whittaker in questo momento potrebbe essere cosi fragile che sarebbe non solo crudele ma anche sciocco perché se cadesse vi ritrovereste con un pugno di mosche, per usare un espressione popolare, e crudele perché c'è qualcuno dentro la casa. Qualcuno che lavora duramente, e che, a dispetto di quello che le hanno detto, non -tira via- per andare a -spassarsela-.
In tempi migliori le avrei spedito in fretta e furia la mia segretaria col documento che mi ha richiesto. Sfortunatamente, per dirla tutta, ha tagliato la corda. Si è trasferita a New York, perché ha l'ambizione di fare l'attrice. Non posso farci niente, e personalmente do la colpa alle riviste di cinema che leggeva dal parrucchiere. Lei cosa ne dice? Quanto al documento, seppur con riluttanza devo informarla che in mezzo al disordine non sono riuscito a trovarlo. E adesso mi permetta di dire due parole in proposito, due parole sul disordine.
Si è accumulato giorno dopo giorno da quando lei se l'è svignata, in maniera graduale ma inesorabile. Sono passati due anni e sedici giorni. Ha idea di quanto tempo sia? Per rendersene conto basta guardare la mia scrivania. Le pile di -roba-ammucchiata son cresciute al punto che non riesco più ad usarla in quanto tale. Quando devo scrivere qualcosa, sono costretto a farlo in piedi, tenendo il foglio contro il muro. Per mantenere un po' d'ordine ho cercato fin dal principio di impedire alle pile di scivolare continuamente sul pavimento tenendole insieme con dei pezzi di nastro adesivo. Questo ha funzionato solo in parte e lo svantaggio in questo caso è che quando una pila cade, precipita tutta in una volta. Essendo trattenuta dal nastro adesivo, invece di perdere solo qualche foglio in cima piomba giù come un albero abbattuto, come accade qualche volta durante una tempesta, soprattutto ai pini. La presenza del nastro adesivo significa anche che non posso dare un'occhiata in mezzo ad una pila per controllare che cosa contiene. Prima dovrei smontare tutta la torre, e questa, a causa del nastro, significa strappare parecchi fogli. Alcune di queste pile sono diventate talmente alte che non vedo come potrei smontarle (ammesso che decida di seguire questo corso d'azione) senza creare ancora più disordine: in fin dei conti è stato proprio per evitare il disordine che ho usato il nastro adesivo.
Naturalmente se avessi la certezza che il suo documento si trova li in mezzo, non mi farei scrupoli ad affrontare una pila per volta, riducendo tutto a brandelli a finché non lo trovo. Ma non ne sono affatto sicuro. E immagini la delusione di entrambi se, alla fine, mi ritrovassi a mani vuote. Perché qui non stiamo parlando solo di qualche migliaio di fogli volanti sparpagliati sul pavimento; stiamo parlando di migliaia di fogli volanti con pezzetti di nastro appiccicosi attaccati. Provi a immaginare un gruppo di persone, magari dei bambini, che hanno urgenza di andare in bagno e devono calpestare questa distesa di fogli che si incollano uno dopo l'altro alle suole delle scarpe… e anche se forse nessuno risulterà essere il documento che vuole lei, sono pur sempre documenti importanti, poesie, pezzi di racconti, recensioni di libri e altre cose del genere, sui quali gli autori hanno sudato sangue o peggio, anche se sono, come a quel punto saranno senz'altro, fogli appiccicosi e spiegazzati. E cosa pensa che faranno queste persone, a questo punto terribilmente indispettite e esasperate, una volta chiusi in bagno con questi importanti documenti? Concorderà se le dico che prima che questo accada abbiamo l'obbligo di rovistare in ogni possibile recesso, non importa quanto improbabile o remoto.
Gli schedari, per esempio. Cinque robusti schedari in acciaio. In tutto contengono diciasette cassetti, se contiamo anche quello che ha perso la parte anteriore (quella con la maniglia) e adesso è più che altro una specie di vassoio estraibile. Immagino che a questo punto invece di cassetto sarebbe meglio definirlo -ex cassetto-, e in tal caso la somma dei cassetti puri scende a sedici. Al momento, dalla mia posizione attuale nella stanza (sono appoggiato con una spalla a una parete vicino alla porta), sono in grado di vedere tutti e cinque gli schedari, e mi viene in mente che, se prendiamo il termine -contenere- nella sua accezione più letterale e precisa, in effetti questi mobili contengono solo dodici cassetti, visto che quattro traboccano a tal punto di roba che è impossibile chiuderli; e vedendoli protesi sul pavimento in quel modo non si possono certo definire -contenuti- senza ricorrere a un uso improprio della lingua che a mio avvisoandrebbe ad ogni costo evitato.
Qualche mese fa, quando la salute mi consentiva ancora quel genere di sforzi, ho cercato di spingere dentro quei cassetti coi piedi. Naturalmente a calci, metodo che si è rivelato del tutto iniefficace, ma anche sdraiandomi supino sul pavimento, con le ginocchia piegandomi e spingendo con le piante dei piedi contro la parete anteriore del cassetto. L'esito non è stato quello sperato. Quando tendevo le ginocchia e spingevo, tutto il mio corpo scivolava, anzi sfrecciava sul pavimento di linoleum nella direzione opposta. Ci ho provato con tutti e quattro i cassetti e tutte e quattro le colte è successo la stessa cosa, ma mai che uno dei cassetti si sia mosso di un centimetro, in compenso sono riuscito ad ammaccare la parte anteriore dei cassetti e ad appiattire completamente le maniglie argentate, rendendole inutilizzabili. A ripensarci col senno di poi, il fatto che non si chiudessero mi sembra un incidente fortunato. Se fossi riuscito a spingerli dentro con i piedi, senza più l'uso delle maniglie non so come avrei fatto a riaprirli, e in quel caso il suo documento, se fosse davvero in uno di quei cassetti, sarebbe andato irrimediabilmente perso.
E comunque già adesso, e senza che mi sia dato da fare coi piedi, ci sono tre cassetti che non si aprono più. In realtà sono cosi da prima che la mia segretaria se la svignasse, e in quel periodo non ero io responsabile. Avrei dovuto sottrarre anche quei tre dalla lista fin dal principio, visto che, dal punto di vista funzionale, sono degli ex cassetti. Una volta apportata questa correzione tardiva, scopriamo perciò che il numero di cassetti puri si è ridotto a nove, che probabilmente a lei sembrerà un numero del tutto gestibile, come è sembrato a me ieri pomeriggio quando ci sono arrivato. Ero disteso sul divano dopo una notte insonne, e ascoltavo il richiamo querulo dei primi uccelli. Nonostante la stanchezza, il mio impulso iniziale, una volta arrivato a quel punto, è stato di scattare in piedi e di mettermi a rovistare in quei nove cassetti, uno per volta e un foglio dopo l'altro. Ma prima ancora di aver messo giù i piedi piantandoli saldamente al pavimento (deciso, come ho detto, a scavare), mi sono reso conto che nella mia ansia di mettermi finalmente all'opera stavo per comportarmi in modo tutt'altro che razionale. Vede, non avevo nessun indizio...ossia niente di più concerto di una folle speranza che per un motivo o per l'altro il documento fosse da qualche parte in uno di quei nove cassetti. Ma per essere certo che ci fosse davvero – e non fosse tutta un'illusione generata da un pio desiderio – ci sarebbero volute ore, addirittura giorni di fatica improba in una posizione scomoda. E alla fine di tutto quanto, se nonostante tutto decidessi di tentare la sorte, potrei ritrovarmi lo stesso a mani vuote, dal momento che è possibile, perfino plausibile, che il documento non si trovi in nessuno dei cassetti accessibile ma sia in uno dei tre che al momento sono irrimediabilmente bloccati o perfino, come ho detto prima, in una delle pile sulla scrivania. E se è cosi, come sembra probabile, le ora, o forse addirittura i i giorni passati in ginocchio, con la cartaccia che praticamente mi arriva ai fianchi, sarebbe solo tempo sprecato. Insomma, a quel punto della mia indagine consideravo fondamentale, prima di cominciare a cercare da qualunque parte, assicurarmi di poter cercare dappertutto, compresi i cassetti bloccati. Dopo di che, anche se forse non avrei trovato il suo documento, avrei potuto almeno scriverle cominciando cosi: -Dopo una lunga ed estenuante ricerca, mi duole...- eccetera.
Noterà invece che non ho incominciato cosi questa lettera, e questo per una serie di ottime ragioni. Una volta esaurite le riflessioni che le ho illustrato sopra, ho deciso che per riguardo a lei non avevo altra scelta che cercare di aprire i cassetti bloccati, se necessario anche forzandoli. E invece, mentre cercavo di inserire la punta di un grosso cacciavite nella fessura tra uno dei cassetti e la struttura del mobiletto, preparandomi a far leva con tutte le mie forze, il cacciavite mi è caduto dentro la bocchetta dell'aria condizionata ed è andato perso. Mi è sfuggito di mano facendo una specie di doppio salto mortale, e poi è finito dritto nella griglia della bocchetta. Se mi sdraio sul pavimento e guardo dentro, lo vedo appoggiato ad una piccola sporgenza a circa sessanta centimetri giù per il condotto, ma non riesco a prenderlo. Ho provato con una gruccia, ma sono solo riuscito a spostarlo in una posizione ancor più precaria sull'orlo della sporgenza, con tutta l'impugnatura e una parte del gambo sospesi su quello che sembra un abisso. Ancora pochi millimetri e addio. Ho pensato di rimuovere la griglia che copre la bocchetta per provare ad arrivarci col braccio ma ho scoperto che è fissata con delle viti.
Tutto ciò è molto penoso, e a peggiorare ulteriormente le cose c'è il fatto che soffro di mancamenti. Per fortuna di solito mi accorgo che sto per svenire perché comincio a vedere dei puntini, un marasma di dischi scuri che mi ballano davanti agli occhi. È una sensazione strana; i puntini sembrano volare qua e là a mezzo metro dalla mia faccia, e ho la sensazione di poter allungare la mano e afferrarne uno. Se fosse possibile, immagino che sarebbe come stringere in mano qualcosa di peloso. Nel momento in cui comincio a vedere i puntini, cerco di posizionarmi vicino a un ricettacolo morbido di qualche tipo, per esempio un divano, o, se sono per strada, mi dirigo verso un'aiuola fiorita, quando la trovo. Altrimenti mi siedo sul marciapiede. Ma talvolta i mancamenti arrivano senza preavviso mentre passo davanti alla scrivania, e allora, cadendo, mi trascino pila di roba. Per questo sul pavimento c'è un tale macello. Non le avevo parlato prima del pavimento, del disordine incredibile in cui si trova, per timore di apparirle scoraggiato, dandole l'impressione di non volerci nemmeno provare. Ho il vago ma terribile sospetto che il suo documento si trovi proprio li, nascosto da qualche parte, anche se i mancamenti mi impediscono di esserne certo, visto che quando mi inchino per dare un'occhiata vedo i puntini. Invece di un revisore dei conti, credo che farebbe meglio a mandarmi un paio delle sue ragazze ad aiutarmi a mettere un po' d'ordine. E gli dico di portare anche qualche borsa di plastica capiente per le cose da buttare, e un cacciavite.
Egregio Signor Freewinder, sono quaranta minuti che me ne sto coi i gomiti appoggiati al muro. In questa posizione la penna scrive solo se mi fermo all'incirca ogni dieci parole e la scuoto vigorosamente. E tuttavia, nonostante i miei sforzi, non ho ancora affrontato la questione principale che lei pone, quella della -vitalità- finanziaria della impresa. Lei si chiede se stia fallendo, e io apprezzo il suo interessamento. Se fossi stato in grado di farlo, avrei risposto chiaramente con un SI o con un NO fin dall'inizio, per tranquillizzarla, ma la verità è che non ne ho la più pallida idea. Ed è proprio questo il concetto che ho cercato di farle capire fin qui, la ragione principale per cui mi sono dilungato sul disordine, i mancamenti e compagnia bella, -sproloquiando- (questa sarà probabilmente la sua impressione) di argomenti non particolarmente interessanti e che lei troverà forse deprimenti. Lei sa che pubblico una rivista letteraria letta in tutto il paese, una rivista che si prende quasi tutto il mio tempo? Sa che, come se non bastasse, ho anche una vocazione letteraria personale e cose più importanti di da fare quando non dormo che racimolare affitti e sgorgare cessi? Probabilmente no. Da quando la mia segretari ha tagliato la corda, sono stato costretto dalle circostanze ad adottare la pratica economica più primitiva – eppure, proprio per questo, la più sperimentata e genuina – a parte il pallottoliere. Quando arrivano i soldi, li metto in un barattolo. È un grosso barattolo di vetro trasparente: questo per fare in modo che ce ne stiano moti, nell'eventualità di averli, e per poter controllare con una semplice occhiata quanto ho in cassa. Tutti i giorni arriva la posta, e se c'è una bolletta guardo dentro il barattolo per vedere se sono in grado di pagare. Se sono in grado, pago. Se no, metto la bolletta sulla scrivania. Per mantenere un briciolo di correttezza – la vecchia idea che i primi arrivati hanno la priorità sugli altri – cerco di partire dal fondo di una delle pile, con l'aiuto di un coltello. Ogni tanto mi capita di prendere dei soldi per comprare qualcosa per me, cibo e articoli per l'igiene personale. E comunque sono molto scrupoloso al riguardo: sostituisco sempre i fondi prelevati con un foglietto di carta corrispondente su cui scrivo l'ammontare della somma e la data. E perciò, per tornare alla domanda se la Whittaker sia rovinata o no, il meglio che posso fare è riferirle quello che vedo al momento nel barattolo: diverse banconote, di cui al momento una da cinque dollari, e una gran quantità di foglietti.
Per chiudere, mi permetta di rie che mi fa piacere che la American Midlands ci consideri ancora soci in affare. Da parte mia, sono sempre pronto a collaborare nell'interesse comune.
Distinti saluti,
Andrew Whittaker
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